Le donne nei movimenti di riforma sufi in Africa hanno svolto un ruolo importante nella diffusione delle istituzioni educative e nel consolidamento dell’autorità religiosa maschile

Questo articolo è pubblicato in Oasis 30. Leggi il sommario

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:00:53

Il contributo delle studiose musulmane è un aspetto trascurato della storia africana. Su di loro sappiamo ancora poco, anche perché la ricerca ha iniziato a occuparsene soltanto di recente e le fonti a disposizione sono scarse. L’analisi dei movimenti di riforma sufi del XVIII e del XIX secolo mostra tuttavia che le donne hanno svolto un ruolo importante sia nella diffusione delle istituzioni educative islamiche che nel consolidamento dell’autorità religiosa maschile.

 

Una delle prime cose di cui ci rendiamo conto osservando il fenomeno del sapere islamico femminile in Africa è che ne sappiamo molto poco. Ciò è dovuto essenzialmente a tre ragioni. In primo luogo, la storia musulmana africana è dominata dall’interesse per le potenti ed emblematiche figure maschili e questo spiega perché le donne siano assenti dalla maggior parte della storiografia sull’Africa islamica. In secondo luogo, la percezione del ruolo sociale delle donne in Africa in generale, e nelle società musulmane in particolare, ha fatto sì che buona parte della ricerca accademica abbia ignorato l’esistenza delle studiose musulmane, dal momento che ciò avrebbe messo in discussione lo stereotipo ricorrente delle donne musulmane subordinate agli uomini musulmani[1]. Infine, né la ricerca accademica né il sapere islamico tradizionale si sono mai preoccupati di documentare le attività religiose femminili e i loro risultati nella stessa misura di quanto fatto per gli uomini. Di conseguenza, le fonti archivistiche che riportano le attività delle studiose scarseggiano. Solo recentemente la loro opera ha iniziato a costituire oggetto d’interesse[2].

 

Un fenomeno sfuggente

Anche se sappiamo poco, bisogna ammettere che donne devote e colte sono spesso menzionate in alcuni tipi di fonti, come le note biografiche e i resoconti di viaggio scritti da studiosi maschi in occasione dei loro viaggi di studio (spirituale). Peraltro, alcuni dizionari biografici dedicano alle studiose delle voci distinte[3]. Eppure, ci accorgiamo subito che le informazioni fornite sulle studiose sono spesso brevi e che le donne non esistono da sé, ma sono sempre legate agli uomini, che si tratti di un figlio, del padre, del fratello o del marito. Le donne sono primariamente descritte come mogli, figlie o madri di personalità religiose o di shaykh, e solo in seconda battuta viene menzionato il loro impegno nel campo della spiritualità o del sapere religioso. È questo che nei dizionari biografici distingue significativamente le voci sulle donne da quelle dedicate ai loro compagni maschi, le cui relazioni famigliari spesso non sono neppure menzionate[4].

Le donne non esistono da sé, ma sono sempre legate agli uomini, che si tratti di un figlio, del padre, del fratello o del marito Di conseguenza, l’indagine sulle studiose musulmane richiede una riflessione accurata sulle concezioni relative al genere e allo status sociale nelle società culturalmente islamiche, ed evidenzia la necessità di mettere ulteriormente in discussione il paradigma orientalista secondo cui esisterebbe un Islam monolitico. Le opinioni degli stcontinua a leggere

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Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Britta Frede, Il sapere islamico femminile in Africa. Una storia dimenticata, «Oasis», anno XV, n. 30, dicembre 2019, pp. 25-36.

 

Riferimento al formato digitale:

Britta Frede, Il sapere islamico femminile in Africa. Una storia dimenticata, «Oasis» [online], pubblicato il 10 dicembre 2019, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/movimenti-sufi-africa-donne-educazione.

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