Un'analisi delle società mediorientali post rivoluzioni attraverso la produzione letteraria araba contemporanea

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Ultimo aggiornamento: 15/03/2024 12:04:20

Un’analisi anche solo quantitativa della produzione letteraria araba negli anni che hanno preceduto le proteste del 2011 avrebbe mostrato con una certa chiarezza l’ebollizione in corso nelle società del Nord Africa e del Medio Oriente. Nel periodo immediatamente successivo alle rivolte, gli scrittori hanno per lo più cercato di consegnare ai posteri le azioni e le emozioni delle manifestazioni di piazza. Oggi prevale l’idea di un futuro angosciante e disumano, ma non tutti si danno per vinti.

 

Per assistere dall’interno ai moti rivoluzionari arabi del 2011, il lettore italiano ha a disposizione due romanzi che, anche se non potrebbero essere più diversi tra loro, in ultima istanza risultano complementari: Sono corso verso il Nilo dell’egiziano ‘Ala al-Aswani[1] e La Siria promessa[2] della siriana Hala Kodmani.

 

Le differenze tra le due opere sono molteplici e di vario registro, e riguardano sia i loro autori sia il narrato. ‘Ala al-Aswani è probabilmente lo scrittore arabo più noto in patria e all’estero, Hala Kodmani una giornalista d’inchiesta per la stampa francese. Aswani scrive in arabo, Kodmani in francese. Aswani ha vissuto fino al 2018 al Cairo, Kodmani vive a Parigi fin dalla più tenera età. Aswani persegue la forma del romanzo realistico dando voce e sostanza ai suoi protagonisti, che vuole specchio e rappresentazione delle diverse anime della società nel momento storico di cui narra. Kodmani, qui al suo primo e probabilmente unico romanzo, si inventa un genere letterario ibrido che, in forma di scambio epistolare tra sé stessa e il padre scomparso da qualche anno, registra le proprie e altrui reazioni al riempirsi delle piazze arabe.

 

La complementarietà risiede nel fatto che i due romanzi si approfondiscono a vicenda. Sono corso verso il Nilo, dandosi i connotati dell’affresco sociale fotografato nel qui e ora, racconta l’euforia dei diciotto giorni di Piazza Tahrir, al Cairo, e si interrompe dopo aver dato conto delle prime derive e delle avvisaglie della controrivoluzione a venire. La Siria promessa persegue, invece, una ricostruzione più marcatamente storico-politica percorrendo in diretta da Parigi il susseguirsi frenetico delle date in cui si sollevano la Tunisia, l’Egitto narrato da Aswani, il Bahrein, l’Arabia Saudita, la Libia, lo Yemen e, il 22 marzo, la Siria, per poi arrestarsi bruscamente il 20 febbraio 2012, quando è ormai chiaro che il regime di Bashar al-Assad non cadrà e che gli altri regimi stanno reagendo. In entrambi i casi, quindi, si ravvisa la volontà di fermare l’analisi al momento in sé, quasi una richiesta nemmeno troppo velata di spostare l’attenzione dalle cause nazionali, dalle incivili guerre interne che verranno e dal complesso groviglio di rapporti internazionali in essere, per riportarla sulle persone, sui cittadini, sulla gente comune.

 

Pur nelle loro differenze, i due romanzi concordano nell’intento dei loro autori di raccontare dall’interno fatti che sono stati spesso mal interpretati dai commentatori e ancora più spesso dismessi con un eccesso di faciloneria. Qui, al contrario, quegli stessi accadimenti vengono presentati come una pietra miliare della storia araba nel suo insieme e, pur se sottotraccia, spingono a credere che siano destinati a riverberarsi nel lungo – se non lunghissimo – periodo.

Il romanzo come documento storico   A ben vedere, Aswani aveva già affrontato i medesimi argomenti nel suo precedente romanzo, Cairo Automobile Club[3], raccontando di una lotta di classe ambientata negli anni ’40 all’interno di un prestigioso circolo che poteva vantare tra la propria clientela addirittura re Faruk. Ma con Sono corso verso il Nilo sceglie di narrare l’attualità. Ed è un atto di coraggio riconosciutogli anche dalla critica letcontinua a leggere

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