Le donne attive nel campo religioso in Arabia Saudita sono libere di predicare entro i confini della dottrina wahhabita e a condizione di non destabilizzare l’equilibrio sociale

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:00:56

In Arabia Saudita le donne sono tradizionalmente escluse dalla sfera pubblica. Ma alcune di esse hanno saputo sfruttare a loro vantaggio la segregazione dei sessi per assumere posizioni di leadership religiosa. Attive dagli anni ’90, le predicatrici hanno acquisito una più grande visibilità con la diffusione delle tecnologie moderne. Ma il loro ruolo rimane ambiguo, perché mentre garantiscono una presenza femminile nello spazio pubblico, esse si fanno portavoce dell’establishment wahhabita.

 

Nell’Islam l’autorità religiosa è tradizionalmente una prerogativa maschile. Questo fenomeno è particolarmente marcato nelle società a maggiore connotazione patriarcale, come nel caso dell’Arabia Saudita, in cui storicamente le donne si sono viste escluse dallo spazio pubblico religioso, politico e sociale. Nel caso specifico, le ragioni di tale esclusione sono da attribuirsi all’influenza della dottrina wahhabita, che stabilisce in maniera piuttosto netta i ruoli di genere e sancisce la segregazione dei sessi a partire da un’interpretazione molto rigida della nozione di ‘awra o “zona della modestia”[1]. ‘Awra è tutto il corpo della donna e, secondo alcune interpretazioni, lo sarebbe anche la voce femminile. Per alcuni studiosi però le imposizioni della dottrina wahhabita non sono sufficienti a spiegare l’assenza di protagoniste femminili dallo spazio pubblico: occorrerebbe invece considerare il binomio politica-religione che ha contribuito alla nascita di un nazionalismo religioso, cioè di «una tradizione religiosa politicizzata che funge da ombrello per costruire una nazione omogenea a partire da una società araba frammentata, variegata e plurale»[2].

Le ragioni dell’esclusione delle donne dallo spazio pubblico vanno attribuite all’influenza della dottrina wahhabita

 

Queste limitazioni non hanno però impedito alle saudite di crearsi degli spazi e delle opportunità di leadership religiosa. Anche l’Arabia Saudita, come altri Paesi arabi, a partire dagli anni ’90 ha infatti conosciuto il fenomeno delle predicatrici religiose (dā‘iyāt) come effetto del processo di scolarizzazione femminile iniziato negli anni ’70.

  Dalla scuola al web   L’inizio della scolarizzazione femminile in Arabia Saudita resta una questione controversa. Alcuni ne attribuiscono il merito a re Faisal, altri al fratello, re Saud. Certo è che nel 1960 un decreto reale attribuito a re Saud sanciva l’apertura della prima scuola per ragazze:   Di concerto con l’establishment religioso, si ordina di fondare scuole per istruire le ragazze nelle materie religiose (Corano, dottrina continua a leggere

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Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Chiara Pellegrino, Predicatrici a servizio della ragion di Stato, «Oasis», anno XV, n. 30, dicembre 2019, pp. 61-68.

 

Riferimento al formato digitale:

Chiara Pellegrino, Predicatrici a servizio della ragion di Stato, «Oasis» [online], pubblicato il 10 dicembre 2019, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/donne-predicatrici-islam-arabia-saudita-wahhabismo.

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